IL VANGELO CI INTERROGA:MATTEO 6,25; 33di Paolo Ribet
«Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete [...] Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più».
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Queste due espressioni del Sermone sul monte riassumono la sostanza dell’esortazione sulle cosiddette «sollecitudini ansiose» che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Noi dobbiamo imparare ad affidare la nostra esistenza al Signore ed essere capaci, in ogni frangente della vita, di guardare alle cose che contano e non alle apparenze. Dobbiamo guardare a ciò che «viene prima» e considerare che tutto il resto è secondario. Da un po’ di tempo, mi domando molto seriamente se, soprattutto in questi ultimi anni, noi (e intendo con questo tutto il nostro mondo) non stiamo invece mettendo al centro dei nostri interessi tutto ciò che è secondario. Lo dicono in molti: la cosa più importante è apparire, non l’essere. La visibilità e non la sostanza.
Il possesso del denaro o delle cose è diventato la piattaforma su cui costruiamo il nostro vivere – ciò che ci dà sicurezza e fiducia. Vediamo attorno a noi un forte attaccamento al denaro e, contemporaneamente, vediamo persone rose dall’ansia per il denaro che manca, o che potrebbe mancare: l’uno e l’altro sono segni dell’assenza di fiducia in Dio. E se guardiamo alla situazione mondiale, alla crisi economica che stiamo vivendo, dobbiamo domandarci se essa non sia figlia di un modo distorto di vedere il denaro ed il mercato – e, in buona sostanza, di un modo distorto di vedere la vita. Questa rappresentazione perversa che mette al centro della società il denaro e la sua accumulazione, quando è entrata in stallo, ha finito per mettere in crisi tutto il sistema. Ma allora, oltre a preoccuparci di chi ha perso il lavoro (perché è chiaro che ci dobbiamo preoccupare di chi sta male), non dovremmo preoccuparci anche di mutare il nostro sguardo sul mondo, rimettendo al centro le cose essenziali, lasciando indietro quelle secondarie? Uscire dalle crisi, economiche, sociali e personali, significa anche uscire dalla nostra visione perversa che ha generato le crisi.
Ritornando al nostro testo, vediamo che in esso Gesù non dice che non dobbiamo lavorare (come afferma qualcuno) o che dobbiamo vivere come le cicale – tutto al contrario, Gesù ci invita a mettere al centro della nostra vita, dei nostri interessi e del nostro lavoro, la missione che ci è affidata: predicare e vivere il Regno di Dio. “Fai la cosa giusta e tutto il resto, dice Gesù, è secondario e verrà di conseguenza”.
La risposta dunque alla crisi non è guadagnare di più, ma cercare un nuovo modo di porsi di fronte alla vita.
tratto da: www.chiesavaldese.org
in data: lunedì 12 agosto 2013, ore 9.41
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Auditoire de Calvin
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