Auditoire de Calvin

Auditoire de Calvin
Auditoire de Calvin nuovo organo - foto Natale GIANDOMENICO

Post più popolari

mercoledì 31 luglio 2013

Per vivere meglio il futuro e il presente


MENO ANSIE PER OGGI E DOMANI

di William Jourdan


«Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso» (Matteo 6,34)
Una coppia di amici mi racconta che questo è il testo biblico da loro scelto, alcuni anni fa, per il loro matrimonio: un versetto che ritorna, nella lettura comune, in occasioni importanti della vita di questa coppia. Un versetto che non smette di dare prospettiva e speranza. Mi ritrovo a pensare che l’ansia del domani, nelle sue molte forme, è ciò che molto spesso rende anche l’oggi insopportabilmente pesante. Lo è per i molti giovani che si domandano che cosa faranno domani, terminati gli studi o terminato il contratto a tempo determinato che, con fatica, erano riusciti ad ottenere. Lo è per i genitori che pensano ai loro figli e vedono per loro meno futuro di quanto ne abbiano avuto loro. Lo è per quanti hanno lasciato la loro casa alla ricerca di qualcosa di meglio e nel domani vedono invece qualcosa di peggiore.

Può questa parola di Gesù essere proposta, in tutte queste diverse situazioni e in molte altre, senza suonare banale o inutile? Credo di sì, nella misura in cui non si abusa di essa, facendone una sorta di zerbino, sotto il quale si nasconde la polvere. Gesù non dice che il domani sarà privo di ogni preoccupazione: invita, però, a non sommare tra loro le preoccupazioni. L’affanno di oggi non sarà l’affanno di domani; e l’affanno di domani non deve impedire di vedere che oggi ci sono dei motivi per i quali essere grati. La parola di Gesù non indica una strada per vivere meglio solamente il nostro futuro, ci indica come vivere meglio fin da oggi.


tratto da: www.chiesavaldese.org 
in data: mercoledì 31 luglio 2013, ore 9.48

martedì 30 luglio 2013

Amicizia da ritrovare

Amicizia:
L'amicizia richiede impegno costante,
gli amici, gli amici veri anche se non li vedi da tanto tempo
a volte li ritrovi, ti fai ritrovare,
come se fosse passato solo qualche  minuto dall'ultimo incontro,
perché c'è un legame forte, intenso,
resistente anche all'usura del tempo.
L'amicizia richiede pazienza, tenacia, slancio generoso.

Amicizia
da ri-scoprire
da ri-trovare

                                                     Maurizio Abbà

lunedì 29 luglio 2013

Egli è lo scudo di tutti quelli che sperano in lui
Salmo 18,30

domenica 28 luglio 2013

Gesù Cristo Signore della vita nuova

La chiesa è la comunione di coloro che l'Evangelo ha fatto diventare i soggetti di una vita nuova.
Essi sono, al tempo stesso, uomini vecchi e nuovi.
    
Singoli e comunità, 
sono quindi il campo di battaglia 
sul quale la vita nuova attacca quella vecchia. 

La storia della chiesa 
è la storia delle vittorie e delle sconfitte 
di queste due forme di vita.

Il Signore della vita nuova, Gesù Cristo, 
è conforto e speranza 
di fronte a tutte le sconfitte.




tratto da: - Helmut GOLLWITZER, 
Liberazione e Solidarietà. Introduzione alla teologia evangelica,
(Sola Scriptura 12 – nuovi studi teologici),
Claudiana Editrice, Torino, 1986, p. 71.

venerdì 26 luglio 2013

Preghiera al mattino

Ciò di cui abbiamo bisogno

O Signore, se questa è la tua volontà, donami:
  - spontaneità e disciplina, sorriso e rispetto profondo, energia e riposo;
  - la pazienza di affrontare la giornata un'ora alla volta e la saggezza per
    vivere quanto accade con buon senso e la fiducia nella tua eterna grazia,
    che mai viene meno.

Possa il mio spirito essere libero da:
- paura e irascibilità;
- insicurezza e pensieri oscuri.

   Donami di essere una finestra attraverso la quale risplende la luce della vita,
capace di ricordarsi delle cose buone che conosco e dei bisogni degli altri.
Per Cristo, nostro Signore, Amen.

                            
                               Joanna M. Addams, pastora presbiteriana americana



tratto da:
- Pregare, a cura di Fulvio Ferrario,
(collana Spiritualità 5), Claudiana 2012, Torino, pp. 13-14.
Seminate secondo giustizia e farete una raccolta di misericordia 
Osea 10,12


giovedì 25 luglio 2013

Preghiera ebraica della sera

PER LA QUIETE DELLA NOTTE

     Fa o Dio che ci corichiamo nella pace e che di nuovo ci alziamo per la vita.
Stendi su di noi il tempo della pace e guidaci mediante una tua parola.
Aiutaci, per amore del tuo nome, proteggici e allontana da noi odio, malattia e violenza.
Abbatti ogni minaccia davanti a noi e dietro di noi.
Nascondici all'ombra delle tue ali.
Proteggi il nostro venire e il nostro andare
nella pace e nella vita, ora e in eterno. Amen.
                                                              
                                                              (Preghiera ebraica della sera)


    Dio mio, io sono in ansia per il futuro, per il mio e quello del mondo.
Ti prego:
    liberami dalle ansie, affinché possa riposare in pace
e, domani, compiere quanto tu ti aspetti da me.
Tu vuoi avere l'ultima parola sulla mia vita e sulla storia del mondo.
Ad essa voglio affidarmi. Amen.



tratto da:
- Pregare, a cura di Fulvio Ferrario,
(collana Spiritualità 5), Claudiana 2012, Torino, p. 21.

mercoledì 24 luglio 2013

Le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore, 
perché il tuo nome è invocato su di me, Signore 
Geremia 15,16

martedì 23 luglio 2013

Cristo ha detto: 
«Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; 
come io ho osservato i comandamenti del Padre mio 
e dimoro nel suo amore.» 
Evangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 15,10

Teologia dell'Amore





Werner G. JEANROND,

Teologia dell'Amore


Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 159
Editrice Queriniana, Brescia, 2012,
traduzione dall'inglese di Marta PESCATORI.

«   Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è l'amore. Dio è amore.
L'amore è tutto ciò che importa. L'amore è più forte della morte.
L'amore è divino...
Sembra che non manchino locuzioni toccanti
che esaltano il potere dell'amore nella nostra vita.
Cantare e scrivere dell'amore è al centro della nostra
espressione culturale da tempi immemorabili.
Le meraviglie dell'amore hanno ispirato i nostri migliori
poeti, artisti e compositori.
Il fascino della scrittura amorosa non è stato scalfito neppure
quando le forme e le manifestazioni culturali dell'amore sono cambiate.

   Lo spirito popolare e la scienza concordano sul fatto che noi
esseri umani abbiamo bisogno dell'amore per vivere. Benché vi
sia un diffuso disaccordo sull'origine dell'amore - è divina, umana,
evolutiva, biologica o culturale? - nessuno mette in dubbio che
abbiamo bisogno di amore per sviluppare la nostra personalità,
le nostre capacità di relazione e la nostra visione della vita.

Sembra che fare esperienza dell'amore crei in noi la necessità di
amare. Ci sentiamo parte di una miracolosa dinamica d'amore.
Sperimentiamo la chiamata all'amore, la vocazione a metterci in
rapporto con gli altri nell'amore.
Desideriamo ardentemente essere
amati ed essere in grado di amare.»

(tratto da: - Werner G. JEANROND, Teologia dell'Amore,
 Capitolo I   Orizzonti dell'Amore, p. 9).

lunedì 22 luglio 2013

Non  temere, piccolo gregge;
perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno
Evangelo di Gesù Cristo secondo Luca 12,32

domenica 21 luglio 2013

Siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce 
- poiché il frutto della luce 
consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità 
Efesini 5,8-9

Il bene comune

   La più grande delle crisi in cui ci troviamo è quella del bene comune,
di quel senso di solidarietà sociale che ci lega tutti a un destino comune,
ricchi e poveri, quelli che hanno tanto e quelli che hanno poco.
Siamo di fronte a una crisi del bene comune perché ci sono forze potenti
che operano  tra noi per opporsi al bene comune,
per rompere la solidarietà sociale e per negare il destino comune.
Ma le persone mature, al meglio delle loro capacità, sono persone che
si impegnano per il bene comune, quel bene che va al di là degli interessi privati, trascende gli impegni settari e offre umana solidarietà.

                          
tratto da:
- Walter BRUEGGEMANN,
Viaggio verso il bene comune,
(collana Spiritualità 1), Claudiana, Torino, 2011, p. 9.

venerdì 19 luglio 2013

Gesù disse: 
«Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento» 
Evangelo di Gesù Cristo secondo Luca 5,32 


giovedì 18 luglio 2013

Chi è Dio all'infuori del Signore?
                                Salmo 18,31

Una confessione cristiana, di Shafique Keshavjee


UNA CONFESSIONE CRISTIANA DEL DIO VIVENTE 

Assieme a tutti i nostri fratelli e sorelle cristiane,
noi confessiamo che il Dio unico è
PADRE - al di sopra di ogni cosa e di ognuno;
FIGLIO - vicino a tutto e ad ognuno
e SPIRITO SANTO - dentro ogni cosa e ognuno.
Noi confessiamo che il Dio tre volte santo è
mistero di trascendenza e di immanenza,
di comunione e di comunicazione, di tenerezza e di giustizia.

Assieme ai nostri fratelli e sorelle, in umanità ebrei,
noi confessiamo che
Dio è il creatore dell'universo e che è il Santo
e la pienezza del regno del Messia deve ancora venire.
Ma, in modo diverso da loro noi confessiamo che
il Creatore si è fatto creatura e che il Santo si è incarnato.

Assieme ai nostri fratelli e sorelle, in umanità musulmani,
noi confessiamo che
Dio è sempre più grande di tutti, e che nella sua comunione Dio permane Uno.
Dio è l'Onnipotente, il Perfetto e l'Immortale.
Ma, diversamente da loro, noi confessiamo che
l'Onnipotente ha accettato di essere fragile,
il Perfetto ha rivestito le nostre imperfezioni,
e l'Immortale attraverso alla morte ed alla risurrezione
di Gesù, ha trasfigurato la nostra mortalità.

Assieme ai nostri fratelli e sorelle, in umanità indù,
noi confessiamo che
Dio può essere ovunque e che ogni vita merita rispetto.
Dio è l'Uno indescrivibile.
Ma, diversamente da loro, noi confessiamo che
la sua Unità è multipla,
e che il mondo multiplo non si riassume nell'Uno.

Assieme ai nostri fratelli e sorelle, in umanità buddhisti,
noi confessiamo
che la compassione per i più sofferenti è un valore prioritario per il nostro Universo
e che la realtà ultima è inesprimibile.
Ma diversamente da loro, noi confessiamo che
l'inesprimibile si è espresso non come un "vuoto" impersonale,
ma come una Personalità che si è "svuotata".

Così, assieme alle religioni dell'Oriente, noi confessiamo che Dio è
Silenzio e Soffio.
Assieme alle religioni ebraica e musulmana che Dio è Parola
ma diversamente da tutte, noi confessiamo che Dio
è contemporaneamente
Silenzio, Parola, Soffio, Padre, Figlio e Spirito Santo,
che la sorgente silenziosa si è fatta Parola,
e la Parola si è fatta carne
e che per mezzo del Soffio della Parola
ogni carne può diventare una parola animata
alla lode di Dio al di là di ogni cosa.

Assieme a tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in umanità
senza religione e di buona volontà
noi confessiamo che
il servizio autentico di ogni essere umano,
nel rispetto di tutto ciò che è animato o inanimato,
è il compito comune a cui tutti insieme siamo chiamati,
che i diritti degli uomini e delle donne sono inalienabili.
Di fronte alle sofferenze del mondo questa vocazione comune ci sprona con forza.
Ma diversamente da loro, noi confessiamo che
l'umano è l'immagine del divino.
Con l'apostolo Paolo e tutti i cristiani di ogni tempo,
noi confessiamo la divinità, l'incarnazione, la morte,
la risurrezione e l'ascensione di Gesù Figlio di Dio
riconosciuto come Messia, che è e che viene. (Filippesi 2,5-11).
E questa confessione comune ci dà tanta gioia.
 
                                                                       Shafique Keshavjee


tratto da: 
- Shafique Keshavjee, 
Sogno un'unica chiesa per cattolici, protestanti, ortodossi
edizioni Piemme, pp. 35-36, e integrata con le note, dello stesso Keshavjee, 
riportate alle pp. 61-62; 
si veda anche la  versione di questa confessione di fede di 
S. Keshavjee 
rintracciabile nella bella raccolta di preghiere 
del Comitato Italiano per la Cevaa, Comunità di Chiese in missione: 
Spalanca la finestra, raccolta di testi di fede, a cura di Renato Coïsson, 
stampato ma non pubblicato, Trieste, 2000, pp. 66-67.
Questa confessione di fede di Shafique Keshavjee era stata inserita in: 
Maurizio Abbà, La teologia bella, impossibile, ma doverosa
articolo per la rubrica 'Servizio Biblico', della Rivista:
Tempi di Fraternità,
 n. 5, maggio 2004, pp. 10-13, 
il testo di Shafique Keshavjee è a p. 12).

mercoledì 17 luglio 2013

dalla Lettera ai Romani dell'apostolo Paolo

Non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio,
ma quelli che l'osservano saranno giustificati
                                                                         Romani 2,13

questa dolcissima predestinazione


DIALOGHI CON PAOLO RICCA


«Tenere viva nel cuore questa dolcissima predestinazione»



Sono stato battezzato nella Chiesa cattolica romana, ma da pochi mesi sono entrato a far parte, in modo ufficiale, della Chiesa evangelica valdese, di cui ho sempre condiviso in gran parte la dottrina teologica. Ultimamente, approfondendo quest’ultima, ho iniziato a nutrire una grande perplessità sul tema della doppia predestinazione. Domando: ha ancora senso parlare di questo argomento oppure lo possiamo considerare datato? Perché Dio, che è tutto Bene dovrebbe scegliere per alcuni esseri umani la salvezza (bene) e per altri la dannazione (male)? Se il genere umano è predestinato, allora siamo tutti come dei «burattini» nelle mani di Dio che è il nostro «burattinaio», e ciò rischia di portarci verso il disimpegno.
Massimiliano Bianchi – Pistoia


No, il tema non è datato, a meno di non considerare datato il tema di Dio. Ha dunque senso parlarne, anche se non è facile (Calvino dice che questo tema «sembra a molti alquanto ingarbugliato»). Ha senso parlarne perché – come ha giustamente intuito il nostro lettore – la dottrina della predestinazione ha a che fare molto da vicino con la realtà profonda di Dio, anzi ci conduce, come la dottrina della Trinità, nel cuore del suo mistero. Dice ancora Calvino: interrogarsi sulla predestinazione significa «entrare nel santuario della sapienza divina», ma per evitare che questo santuario si trasformi in «un labirinto», bisogna che la mente umana non pretenda a tutti i costi di scandagliare ogni segreto che Dio ha voluto riservare a sé soltanto. Calvino lo ricorda non per soffocare le domande, ma per avvertire che non a tutte le domande è possibile oggi dare una risposta ed è meglio una domanda senza risposta piuttosto che una domanda con una risposta sbagliata.

Ma veniamo alla domanda del nostro lettore: riguarda la «doppia predestinazione» sulla quale egli nutre «una grande perplessità». Anch’io la nutro. Mi chiedo però se partire dalla «doppia predestinazione» sia il modo migliore per avviare una riflessione sulla predestinazione. Propongo un itinerario un po’ diverso, articolato in tre tempi: che cos’è la predestinazione? Che cos’è la doppia predestinazione? Che cosa possiamo pensarne?

Un termine rischioso
1. Che cos’è la predestinazione? Il termine, benché biblico, può facilmente trarre in inganno in quanto suggerisce l’idea di un «destino» molto simile al Fato che ha dominato tanta parte del pensiero greco antico e al quale ogni esistenza umana era sottoposta, senza la possibilità di sfuggirgli o di modificarlo. Ne può nascere una concezione fatalista della storia e della vita, e da qui a pensare che, in balia di quel Fato, «siamo tutti come burattini» nelle mani di un «burattinaio» che sarebbe Dio – come teme il nostro lettore –, il passo è breve. Ecco: la prima cosa da fare per cercare di comprendere la dottrina delle predestinazione è, se possibile, liberarsi da questa visione, che ne è una caricatura. Forse la parola «predestinazione» non esprime adeguatamente il messaggio che contiene. Meglio sarebbe parlare di «elezione». La predestinazione infatti non è altro che l’elezione di cui parla l’apostolo Paolo quando dice che in Cristo Dio «ci ha eletti prima della fondazione del mondo» (Efesini 1, 4). È l’esperienza di Geremia, al quale Dio rivela: «Prima ch’io t’avessi formato nel seno di tua madre, io t’ho conosciuto» (Geremia 1,5). Ed è quello che dice l’apostolo Paolo: «Quelli che Dio ha preconosciuti, li ha pure predestinati» (Romani 8, 29). Predestinati a che cosa? «A essere conformi all’immagine del suo Figlio». Non dunque a essere dei burattini, ma a conformarci a Cristo, cioè a «camminare com’egli camminò» (I Giovanni 2, 6), a seguire il suo esempio facendo quello che ha fatto lui (Giovanni 13, 15), ad avere «lo stesso sentimento» che è stato in lui (Filippesi 2, 5), a custodire e osservare le sue parole. A tutto questo tende la predestinazione: non a trasformarci in automi o marionette, ma a farci crescere verso Cristo. Potremmo esprimerci in questi termini: predestinazione vuol dire che Gesù è il nostro destino. Ma appunto: questo «destino», che è Gesù, è «prima che Abramo fosse» (Giovanni 8, 58), è iscritto in Dio da sempre. Ecco il senso del pre-conosciuti e pre-destinati: Dio ci ha eletti, cioè ci ha pensati con amore, «prima della fondazione del mondo», cioè prima di creare il mondo e di creare noi. Un po’ come una madre ama il suo bambino prima ancora di concepirlo, così Dio ci ha amati non solo prima che noi amassimo (debolmente) lui, ma addirittura prima che noi esistessimo. Questo mi sembra un pensiero stupendo, che già riempiva di meraviglia l’autore del Salmo 139: «Nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che m’erano destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora. Oh, quanto mi son preziosi i tuoi pensieri, o Dio!» (vv. 16-17). Non siamo figli del caso né della necessità, ma di un pensiero di Dio. Siamo un pensiero di Dio. Come spiegarlo? Perché Dio ci pensa? Perché ci pensa con amore e ci elegge? Non c’è altra riposta che questa: perché Dio è così, lui che «sceglie le cose che non sono come se fossero, affinché nessuna carne si glori davanti a Dio» (I Corinzi 1, 28-29). La risposta, cioè, non sta in noi, ma in lui. È questa – per citare ancora Calvino – «l’altezza della sapienza di Dio, che egli ha voluto che fosse da noi adorata più che compresa».

La doppia predestinazione
2. Ma come la mettiamo con la doppia predestinazione? Secondo questa dottrina – come ricorda il nostro lettore – Dio destina gli uni a salvezza e vita eterna, usando verso loro misericordia, e gli altri a condanna ed eterna perdizione, usando verso questi il metro della giustizia? È una dottrina proponibile e difendibile? Dio è davvero questa specie di Giano bifronte, che con una mano salva e fa vivere e con l’altra condanna e fa morire? Non c’è forse qui una contraddizione insostenibile, tale da suggerire un pensiero assurdo, per non dire blasfemo, cioè che in Dio ci sarebbe anche il suo contrario, Dio e Antidio insieme, una miscela davvero troppo umana di amore e odio, luce e tenebre, vita e morte, salvezza e perdizione? Calvino, come altri teologi prima di lui (a esempio, gli «agostiniani moderni» Gregorio da Rimini e Ugolino da Orvieto) e altri dopo di lui (a esempio il «partito» vincente al Sinodo di Dordrecht del 1618-19), hanno sostenuto, malgrado tutte le difficoltà, la dottrina della doppia predestinazione, sia pure con notevoli variazioni che qui non possiamo illustrare, anche se ne varrebbe la pena. Che dire al riguardo ? Farò due sole considerazioni.

[a] La prima è che nella Bibbia c’è, in tutta una serie di passi, qualcosa che assomiglia a una doppia predestinazione, anche se non mi sembra si possa dire che nella Bibbia ci sia una dottrina in merito. Nella Bibbia la doppia predestinazione non viene teorizzata, ma semmai constatata. Alcuni testi biblici affermano o implicano la doppia predestinazione (o qualcosa del genere), altri testi la escludono. Farò un solo esempio. Da un lato la Bibbia afferma ripetutamente che la salvezza è per tutti («Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti» Romani 11, 32); d’altro lato ci sono parole di Gesù e di Paolo che dicono o sembrano dire il contrario: «Molti sono i chiamati e pochi gli eletti» (Matteo 22, 14); «Uno sarà preso e l’altro lasciato» (Matteo 24, 40); Dio «fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole» (Romani 9, 18), come in antico indurò il cuore del Faraone. Dunque, la contraddizione c’è nella Bibbia stessa, è innegabile e – mi sembra – insuperabile.

[b] Può però essere superata se si segue il teologo Karl Barth che su questa questione ha scritto alcune delle sue pagine più alte, muovendo una critica radicale all’interpretazione tradizionale della dottrina della doppia predestinazione. Qual è il suo discorso? In sintesi è questo: la doppia predestinazione – il «sì» e il «no» di Dio sull’umanità: il «sì» sull’esistenza dell’umanità, il «no» sul suo peccato – esiste realmente, ma il «no» di Dio è stato inchiodato e cancellato da Cristo sulla croce. Dio stesso, attraverso Cristo, ha preso su di sé, portato e sopportato tutto il peso del suo «no», della condanna e della morte. Dopo la croce e nella luce della risurrezione, resta solo il «sì», solo la predestinazione alla salvezza e alla vita. In Cristo troviamo la nostra elezione (e, come ho detto, la nostra predestinazione), perché siamo eletti in lui, l’«eletto di Dio» (Luca 9, 35; 23, 35); e troviamo anche la cancellazione della nostra condanna, perché la nostra condanna l’ha portata lui. In Cristo la doppia predestinazione diventa un’unica predestinazione – quella alla salvezza e alla vita eterna. Che dire di questa interpretazione? Direi che essa corrisponde sicuramente al cuore del messaggio evangelico e come tale va accolta come linea di fondo di un discorso cristiano sull’argomento. Essa dissipa le ombre che la dottrina classica della doppia predestinazione poteva proiettare su Dio e libera le coscienze da ogni timore, ansia o turbamento. Ma anche qui è consigliabile non trasformare il messaggio in teorema e, ancora una volta, non rinchiudere Dio in un evangelo diventato sistema.

La posizione di Barth
3. Che dire in conclusione? Per quanto concerne la doppia predestinazione ci sono due possibilità: o sospendere il giudizio, accettare la contraddizione presente nella stessa Bibbia, senza pretendere di risolverla; oppure far propria la posizione di Barth nel senso sopra indicato – e personalmente propenderei per queste seconda ipotesi. Per quanto concerne invece la predestinazione (non quella doppia, ma quella semplice, e non tanto la dottrina, quanto il fatto), essa è biblica, cristiana ed evangelica e fa parte della nostra Confessione di fede. Per una volta la voglio citare (nell’italiano dell’epoca), dalla versione del 1662 (che riproduce sostanzialmente quella francese del 1655): «Noi crediamo che Iddio cava da quella corruttione e condannatione [del genere umano, di cui si parla nell’articolo precedente] le persone ch’egli ha elette dinanzi la fondatione del mondo, non perché egli prevedesse in loro alcuna buona dispositione alla fede o alla santità, ma per la sua misericordia in Jesu Cristo suo figliuolo…» (articolo 11). La predestinazione ha un grandissimo pregio, anzi due. Il primo è che àncora saldamente la vita, la fede, la salvezza in Dio, riconosciuto e confessato come alfa e omega, come principio e fine del nostro «destino». Questo mette nel cuore la certezza incrollabile del favore divino che non verrà mai meno, per cui la salvezza non è a rischio, per quanto avverse possano essere o diventare le circostanze della vita. Non dimentichiamo che la predestinazione è stata di immenso conforto per i protestanti perseguitati in Francia e altrove: il «sì» di Dio li ha per così dire corazzati contro il «no» di Roma e dei suoi alleati che cercavano di distruggerli. Il secondo pregio è che la predestinazione fonda quello che è stato chiamato «il trionfo della grazia», in quanto l’elezione in Dio precede assolutamente ogni merito dell’uomo, ogni sua eventuale «buona disposizione alla fede o alla santità». Potremmo dire che la predestinazione è il corollario del primato della grazia gratuita e incondizionata, cara alla Riforma, o addirittura il suo coronamento. Ecco perché Calvino – ancora lui – scrive che questa dottrina «non è soltanto utile, ma anche dolce e saporita per i frutti che reca». Gli fece eco, nel Cinquecento, il bestseller del protestantesimo italiano, Il beneficio di Cristo, contro cui si accanì per decenni l’Inquisizione romana, che a un certo punto parla della «consolazione ineffabile» che suscita nel credente «la memoria della sua predestinazione», il che lo induce a ripensare «continuamente nel suo cuore questa dolcissima predestinazione» 
(Benedetto da Mantova e Marcantonio Flaminio, Il beneficio di Cristo, a cura di Salvatore Caponetto, Claudiana 1975, p. 99).


tratto dalla rubrica "Dialoghi con Paolo Ricca"
del settimanale Riforma del 21 settembre 2007

martedì 16 luglio 2013

Saggezza dal libro biblico dei Proverbi

Non dire: «Renderò il male»; spera nel Signore,
ed egli ti salverà
                                               Proverbi 20,22

La fede e la preghiera


«
La fede ci aiuta a vivere
perché in modo inesauribile dà significato alla vita
e d’altra parte aggrava e complica la nostra vita perché è missione e sequela.

Il credente sperimenta la certezza volgendosi
con un movimento sempre rinnovato
alla parola di colui che lo chiama.

Questo movimento si compie in tre modi:
la preghiera che chiede
la preghiera che ringrazia
la preghiera adorante.
            »              


tratto da: - Helmut GOLLWITZER, Liberazione e Solidarietà.
Introduzione alla teologia evangelica,
(Sola Scriptura 12 – nuovi studi teologici),
Claudiana Editrice, Torino, 1986, p. 153.

lunedì 15 luglio 2013

La forza della parola buona

La sofferenza del cuore abbatte l'uomo, 
ma la parola buona lo rallegra

Proverbi 12,25

Memoria storica per la testimonianza evangelica di oggi


Il monumento internazionale della Riforma 
fu inaugurato nel 1909:
per il 400° anniversario della nascita di Calvino 
e il 350° anniversario della fondazione de l'Académie.


                                                                                       Foto: Natale GIANDOMENICO

Il muro dei Riformatori si estende per 100 m e rappresenta numerose immagini di leader della Riforma protestante.







     Foto: Natale GIANDOMENICO


Il Monumento internazionale alla Riforma
conosciuto pure come Il muro dei Riformatori 
è un monumento situato nella città di GinevraSvizzera.

Questo monumento onora i personaggi principali, gli avvenimenti emonumento situato nella città di Ginevra, Svizzera.d i documenti della Riforma protestante rappresentandoli come statue e bassorilievi.
Il Muro si trova nel territorio della Università di Ginevra, fondata da Giovanni Calvino e fu edificato per commemorare il quattrocentesimo anniversario della nascita di Calvino ed il trecentocinquantesimo anniversario della fondazione dell'università. È costruito sulle vecchie mura di Ginevra e la collocazione del monumento è intesa rappresentare le fortificazioni e quindi l'importanza integrale della città di Ginevra per la Riforma protestante.
Inaugurato nel 1909 era il culmine di un concorso lanciato per trasformare quella parte del parco. Il concorso coinvolgeva 71 altre proposte da tutto il mondo. Il progetto vincitore fu proposto da quattro architetti svizzeri: Charles Dubois, Alphonse Laverrière Eugène Monod, e Jean Taillens (che propose pure un altro progetto, arrivato terzo). Le sculture furono create da due scultori francesi Paul Landowski e Henri Bouchard. Durante la Riforma protestante, Ginevra fu il centro del Calvinismo e la sua storia e retaggio, dal XVI secolo sono stati strettamente legati a quello del Protestantesimo. Per la sua stretta connessione a quella teologia, le persone rappresentate sul muro erano calvinisti. Ciononostante, sono rappresentati anche altri personaggi.
Al centro del monumento sono rappresentati statue alte cinque metri dei maggiori rappresentanti del Calvinismo:

Guillaume Farel     Guglielmo Farel (1489 – 1565)
Jean Calvin           Giovanni Calvino (15091564)
                            John Knox (c.15131572)



Alla sinistra (guardando il muro, ordinati da sinistra a destra) delle statue centrali vi sono statue alte tre metri di
Guglielmo I d'Orange, detto Guglielmo il taciturno (15331584)
Alla destra (ordinate da sinistra a destra) si trovano le statue alte tre metri di:

Lungo il muro, su entrambi i lati delle statue centrali, è inciso il motto sia della Riforma protestante che di Ginevra: Post Tenebras Lux (Dopo le tenebre la luce).
Sul piedestallo centrale delle statue si trova inciso il monogramma di Cristo: ΙΗΣ. 





Mur des réformateurs
Promenade des Bastions, 1
1205 Genève



Testo tratto, con integrazioni e varianti, da: Wikipedia
it.wikipedia.org/wiki/Muro_dei_Riformatori
in data 15 luglio 2013 ore 0.40

domenica 14 luglio 2013

A come Accoglienza


Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; 
ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio.

Efesini 2,19

La forza di incoraggiare alla vita

Signore Gesù Cristo, tu hai raccolto la tua chiesa
fra tutti i popoli della terra.  
Manda il tuo Spirito
affinché gli uomini testimonino del tuo messaggio,
     e che le loro parole e azioni abbiano
la forza di incoraggiare alla vita.
                                  
                               dalla liturgia dei Fratelli Moravi

venerdì 12 luglio 2013

L'opera del Buon Pastore

Le mie pecore se ne staranno al sicuro,
senza che nessuno più le spaventi

Ezechiele 34,28

La risurrezione di Gesù

voglio dire che è dall'evento stesso della risurrezione di Gesù 
che nasce il cristianesimo.
  Non è avvenuto che il cristianesimo abbia posto al centro in 
modo artificiale la tematica della vita e della morte. 
        È proprio nato dalla risurrezione di Gesù, che sta quindi 
alla radice di tutto.


tratto da: -  Paolo RICCA, Evangelo di Giovanni,
(collana Uomini e Profeti 15 - a cura di Gabriella Caramore),
Editrice Morcelliana, Brescia, 2005, p. 199.