Auditoire de Calvin

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Auditoire de Calvin nuovo organo - foto Natale GIANDOMENICO

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lunedì 22 giugno 2015

Saluto del pastore valdese Paolo Ribet a papa Francesco I

La visita di papa Francesco I al tempio valdese di Torino


Visita di papa Francesco alla Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) 
Torino, Tempio di corso Vittorio Emanuele II 23 
22 giugno 2015

SALUTO A PAPA FRANCESCO DEL PASTORE PAOLO RIBET



Da quando abbiamo saputo di questa visita, mi sono più volte interrogato su quale sarebbe stato il modo corretto di rivolgermi a lei e alla fine ho trovato la risposta nella parola che il Signore Gesù Cristo ci ha insegnato per designare i suoi discepoli – e la parola è: “fratello”.
E allora ... Caro fratello Francesco, siamo rimasti lietamente sorpresi quando abbiamo saputo che questo incontro si sarebbe tenuto qui a Torino, nel nostro tempio. Ma è probabilmente giusto così. Infatti, la Chiesa di Torino è la prima nata dopo la concessione dei diritti civili nel 1848, al di fuori da quel ghetto alpino in cui i Valdesi erano stati costretti per secoli. Il tempio nel quale ci troviamo è stato costruito nel 1853 e non a caso è nel centro della città, in quanto vuole esprimere la forte volontà di presenza di questa comunità nel tessuto della comunità civile.
La Chiesa di Torino fin dal suo sorgere racchiude in sé tre anime:
l’anima protestante tradizionale, tipica delle secolari comunità delle Valli valdesi che improntava i fedeli che scendevano alla città in cerca di un futuro e di un lavoro. Non solo in Italia: il canto sudamericano intonato dal coro e ispirato al testo biblico di Ecclesiaste testimonia la presenza valdese al di là dell’atlantico, in Argentina e Uruguay.
incarna anche l’anima risorgimentale e “risvegliata, tipica del protestantesimo degli italiani fuoriusciti politici dei vari Stati della penisola che nel tempo del Risorgimento avevano trovato rifugio in Piemonte e accoglienza nella Chiesa valdese, tesa al rinnovamento dell’individuo e della società con una forte spinta verso l’evangelizzazione.
Vi è infine l’anima “diaconale” che si esprime nel servizio sociale rivolto alle parti più fragili della popolazione. L’esempio più noto a Torino di questo impegno era l’Ospedale Valdese che, con nostro profondo dolore, dopo pochi anni dalla cessione alla Regione, è stato chiuso. Oggi questa nostra azione di servizio si concreta principalmente nell’aiuto ai poveri e ai rifugiati.
Come dicevo, questo grande tempio fu costruito per segnare una presenza significativa nella città, con la volontà di predicare l’Evangelo. Non si trattava però di predicare un “altro” evangelo, perché, come scrive l’apostolo Paolo, non esiste un “altro” evangelo; ma di predicare con la consapevolezza di vivere l’Evangelo di Gesù Cristo in un modo “altro” rispetto alla maggioranza degli italiani.
Questa consapevolezza, che 150 anni fa portava allo scontro fra le Chiese, oggi vuole essere la base su cui costruire ogni discorso ecumenico nel pienoriconoscimento e nel rispetto reciproco, secondo la prospettiva dell’ “unità nella diversità”. Nel momento in cui siamo chiamati alla fede, siamo anche esortati a metterci in cammino verso il Cristo, che è e rimane al di fuori e al di sopra di noi. In questo percorso di persone e di chiese incontriamo fratelli e sorelle che condividono con noi il cammino. Oggi con gioia incontriamo lei, Papa Francesco, come un nuovo fratello nel nostro percorso, e vogliamo leggere la sua visita (che è stata definita giustamente “storica”) proprio in questa dimensione.
Viviamo un’esperienza incoraggiante e, spero, anticipatrice di ulteriori esperienze ecumeniche anche a Torino – dove peraltro non mancano momenti di comunione come la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani e il Comitato Interfedi.
Termino con un auspicio: prima ricordavo la volontà dei padri che hanno costruito nell’ottocento questo tempio di vivere l’evangelo in modo “altro”. Spesso l’accento è stato messo sull’aggettivo “altro”, sulla diversità. Ma oggi vorrei mettere l’accento sul verbo “vivere”. L’evangelo non è una dottrina ma è una persona: la persona Gesù Cristo. È un atto di grazia che il Signore ci ha fatto e che noi siamo chiamati a testimoniare con le parole e con la vita nel contesto della città in cui siamo posti. Se il profeta Geremia poteva scrivere ai suoi compatrioti esiliati in Babilonia di pregare per il bene della città, noi siamo esortati dalla Parola di Dio e dall’esempio di chi ci ha preceduto sulle vie della fede ad agire per il bene della città – e a farlo in una sinfonia di voci che si rafforzano e si completano a vicenda.

Torino, 22 giugno 2015


tratto da: www.riforma.it