di Paolo Naso, coordinatore Commissione studi Federazione delle chiese evangeliche in Italia

Ognuno ha la sua da dire per giustificare la sua innocenza e scaricarsi da ogni colpa. Ma i corpi di Abele sono lì di fronte ai nostri occhi, e sono tanti, ricorrenti, perfino prevedibili. E allora, chi lo ha ucciso?
La domanda risuona anche a Lampedusa e a Scicli (RG) dove opera Mediterranean Hope (MH), il progetto promosso ormai da un anno dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Ed è una domanda lacerante e dolorosa, anche per chi in queste ore sta facendo tutto quello che può per accogliere, sostenere, curare persone ferite e provate. E tra queste persone ci siamo anche noi che da qualche mese, con una newsletter, proviamo a raccontare la nostra esperienza di MH.
Non ci rassegniamo ad esser dalla parte di Caino, noi che ci identifichiamo con Abele e con le vittime. Ma intanto, al di là della nostra intenzione e della nostra volontà, siamo parte di quel mondo che non vuole trovare una soluzione a questo problema drammatico. Non vuole. Da mesi, come MH, avanziamo una proposta e siamo pronti a dare il nostro contributo attivo e diretto: l’idea - accolta da ampi settori del mondo delle associazioni, delle comunità di fede e di alcuni settori politici - è quella di aprire dei corridoi che consentano ai profughi di ottenere una protezione umanitaria presso le ambasciate europee e quindi di viaggiare in condizioni di sicurezza. Se condivisa a livello europeo, sarebbe un’operazione assai meno onerosa di Mare Nostrum o di Triton; ripartendo i profughi tra vari paesi europei, i numeri sarebbero assolutamente sostenibili e gestibili. Parliamo infatti di decine di migliaia di persone per ogni paese, niente di più. Infine, si sottrarrebbero risorse finanziare ai trafficanti e alle centrali politiche o affaristiche che li controllano.
Tutto questo è tanto più sostenibile quanto più sarà l’Europa a farsi carico di una nuova fase dell’azione umanitaria di soccorso dei profughi. Da sola l’Italia non può farcela, come non ce la possono fare i paesi più esposti agli approdi fortunosi dei profughi.
Ce la può fare quell’Unione che deve ritrovare la sua coscienza e la sua anima più profonda che non è solo stabilità finanziaria e burocratizzazione legislativa. L’Europa è nata nel sogno della pace e della libertà. Ma questi valori non finiscono a Lampedusa.
Mare Nostrum ha molti partner, in Europa e negli USA. Ci rivolgiamo a loro per lavorare insieme per liberarci dall’ombra di Caino della nostra impotenza.
Serve una parola d’ordine comune e condivisa. La nostra è “corridoi umanitari”.
(Fonte: Mediterranean Hope/nev-notizie evangeliche 17/2015)